domenica 14 dicembre 2014

M5S, L’INGANNO GIURIDICO DEL REFERENDUM SULL’EURO



Sottoporre al giudizio dei cittadini un quesito sull’opportunità che l’Italia rimanga nell’euro è stato uno dei ritornelli che hanno accompagnato la campagna elettorale del Movimento 5 Stelle. Il referendum sull’euro, appunto.

Un inganno giuridico, né più, né meno. Vediamo perché. I referendum consentiti dalla Costituzione sono di vario tipo: abrogativi, confermativi, consultivi. Diciamo subito che il referendum confermativo è previsto per il limitatissimo caso disciplinato dall’art. 138 Cost., relativo alla revisione costituzionale. Non ci interessa. Restano quello abrogativo e quello consultivo. Vediamo:

1)   l’Italia ha aderito all’euro in forza del Trattato di Maastricht, ratificato dal nostro Paese con legge n. 454 del 1992. La Costituzione italiana, all’art. 75, vieta di sottoporre a referendum abrogativo le «leggi di autorizzazione a ratificare trattati internazionali» e, dunque, anche le leggi di esecuzione degli stessi. Ciò basta per dire che non è ammissibile un referendum per revocare l’adesione italiana alla moneta unica.

2)   Un’altra norma costituzionale, introdotta con la cd. riforma del Titolo V del 2001, prevede che le leggi italiane debbano essere conformi «ai vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario». Anche questo è un elemento che sembra impedire un atto di legislazione negativa (quale è il referendum abrogativo) contrastante con il contenuto di un atto del diritto comunitario originario (appunto un Trattato).

3)   Ci sarebbe, dunque, il referendum consultivo. Anzitutto, come dice la parola, è “consultivo”. E, in ogni caso, è previsto dalla Costituzione solo in relazione a limitatissimi casi, disciplinati dall’art. 132. Si tratta della fusione di più Regioni, della creazione di nuove Regioni, o del passaggio di Province e Comuni da una Regione ad un altra. Insomma, anche questo non ci interessa.

4)   È vero che nel 1989 si fece un referendum consultivo sull’Europa. Più precisamente sull’opportunità di affidare al Parlamento europeo un ruolo “costituente”. Per far ciò, tuttavia, si approvò un’apposita legge costituzionale, la n. 2 del 1989. Oggi non sembra che il MoVimento disponga delle maggioranze richieste dall’art. 138 Cost. per approvare una legge costituzionale…

5)   Resterebbe, dunque, il referendum regionale. La strada, cioè, sarebbe quella di celebrare, in ogni regione, un referendum consultivo sull’euro. Al di là della difficile realizzabilità pratica, anche questa strada appare illegittima: è vero, infatti, che le Regioni possono prevedere negli Statuti i referendum consultivi, ma questi devono vertere su materie di interesse regionale. Qui, invece, l’interesse è addirittura sovranazionale!

6)   Si legge in alcuni blog che Grillo vorrebbe fare il “referendum” on-line. Se è così, è tutta un’altra storia: non si tratta nemmeno lontanamente di un atto giuridico, bensì di un semplice sondaggio, privo di qualunque conseguenza. Se si vuole trasmettere una più corretta informazione, dunque, è meglio scegliere attentamente le parole: il referendum è un istituto del mondo del diritto, capace di produrre conseguenze giuridiche ben precise. I sondaggi, per contro, sono strumenti di tutt’altra natura, senza alcuna capacità di incidere in via diretta sul mondo delle regole. Quello del diritto appunto. Nessun sondaggio, dunque, anche qualora fosse eseguito secondo la migliore scienza (il che è tutto da verificare…) potrebbe – ipso iure, come si dice – portare l’Italia fuori dall’euro. E per fortuna.

mader

Lorenzo Cuocolo per ilricostituente

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